E fu così che, alla fine dell’inverno, gli animali della valle decisero di riunirsi presso la centrale per scegliere la pianta da frutto da utilizzare e di conseguenza il paese dove abitare. Vennero tutti da ogni posto, chi dai boschi e chi dai pianori e, poiché ce n’erano proprio tanti, decisero di fare una seduta sulla radura nei pressi del vecchio mulino chiamato “ mulinar “. Quello era il punto centrale di tutta la valle e, pertanto, ognuno aveva la stessa strada da percorrere. L’orso, animale fortissimo, certificata la presenza d’ogni specie d’animale esistente in valle, diede inizio alla discussione per l’assegnazione della pianta. La volpe, che durante l’inverno era rimasta desta andando a spasso per tutti i paesi, approfittando della sonnolenza degli animali appena destatisi dal letargo, prese immediatamente la parola e baldanzosa disse: “ Io, se lor signori non hanno nulla in contrario, sceglierei il corniolo qui accanto. Sapete io non sono troppo alta e, questo essendo un arbusto, mi permetterebbe di cogliere facilmente i frutti una volta maturi”. La furbastra aveva fatto tesoro della lezione capitata ad una sua amica greca a proposito di un grappolo d’uva e così, guardandosi attorno ed avendo notato che in quel periodo il “drin” era l’unica pianta ad aver già emesso già i suoi fiori gialli, aveva pensato che senz’altro avrebbe dato per primo anche i frutti. La vera motivazione della sua scelta era, però, rappresentata dalla posizione strategica di quel pianoro. Da lì, infatti, si potevano notare tutti i movimenti della valle; si potevano osservare le scorribande dei cinghiali, delle faine e degli animaletti che andavano verso la Resia superiore, si potevano notare gli spostamenti verso il Musi e tenere sotto controllo l’andirivieni degli animali di Giorgio, del tasso di Lipovaz e del lupo di Prato che, attraverso due sentieri distinti e separati, proprio in quel punto si congiungevano. Ultimata la discussione e sancito il patto con un banchetto, l’orso sciolse la riunione e se ne tornarono tutti felici a casa. La volpe, congedati gli amici, ridacchiando sotto i baffi si accovacciò soddisfatta ai piedi del suo arbusto. I giorni trascorrevano veloci e ormai tutti gli alberi avevano messo i fiori, alcuni addirittura avevano già dei piccoli frutti. Il corniolo no! Si era bloccato. La fioritura era durata una vita; dei frutti solo un verde minimo accenno e la volpe, curiosa e spelacchiata, aveva un aspetto terrificante da malnutrita. A metà primavera lungo il sentiero del Brik scesero, belle grasse, le pecore, le mucche e le caprette di San Giorgio e di Ronk. La salutarono cordialmente e le dissero che erano dirette verso i verdi pascoli i Canizza e di Tamor. Infatti, le loro sorelle di Gniva, Lischiazze e Gost erano già lassù da una settimana. Un giorno un corvo proveniente da Stolvizza, con una bella rossa ciliegia nel becco, si posò sopra un pino vicino per riposare un po’, la salutò con un’ala e se ne andò. La volpe sconsolata si accovacciò sotto il corniolo e, presa dai morsi della fame, si addormentò. Quello, però, era un importante crocicchio della valle e, una volta l’orso di Uccea, una volta i cinghiali di Oseacco e le aquile di Coritis, passando da quelle parti e osservando il suo stato pietoso, la canzonavano per la scelta della pianta effettuata. Solo verso la fine dell’estate, notando uno strano colorito rossastro delle bacche grosse e rigogliose, la volpe sconsolata, guardando la pianta, sbottò: “Ah drin, drin baužar mäš svet najprit nu sad najśat (ah corniolo, corniolo bugiardo, fiorisci per primo e dai i frutti per ultimo”.- sch