Il caso del nastro tricolore
dal "Piccolo" del 10 dicembre 2008
Postato il 19 gennaio 2009
Un sottile nastro, teso e in bella mostra, pronto per essere tagliato, attendeva ieri mattina l’assessore ai lavori pubblici ed esponente di Alleanza Nazionale Franco Bandelli davanti alla sala mensa, nuova di zecca, della scuola elementare di lingua slovena Fran Saleski Finzgar di via Cerreto, a Barcola. Era un nastro a tre colori. C’era il bianco. C’era il rosso. E poi... il blu. Un richiamo, esplicito, alla bandiera della vicina Repubblica di Slovenia.
Bandelli è arrivato con qualche minuto di ritardo. Ma nessuno nel frattempo aveva osato toccare quel nastro. D’altronde spettava a lui, al rappresentante del sindaco Dipiazza, inaugurare un’opera da 120mila euro finanziata proprio dal Comune. L’hanno visto, l’assessore, ribollire dentro di sé. Ma senza fiatare. Ha sorriso ai bambini che, in riga, l’hanno accolto con una canzoncina. In italiano. Ha lasciato l’onore di tagliare quel tricolore a un piccolo studente. Ha snocciolato il suo discorso. Ha partecipato a un brindisi di circostanza. E quando se n’è andato aveva già il cellulare all’orecchio: «Pronto sindaco, c’era il nastro sloveno al posto di quello italiano».
È a quel punto che è venuto a galla un caso che stride per davvero con la Trieste impegnata a metabolizzare un suo pezzo di storia. Un caso che ha fatto inalberare il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, leader morale di An in città, che ha parlato di «gesto vergognoso», di «offesa». Una «leggerezza senza dietrologie», ha frenato Tamara Blazina, la senatrice della minoranza in quota al Pd, secondo cui «di solito nelle cerimonie degli enti locali, lì dove la minoranza slovena è presente si usano entrambi i colori» e anche alla cerimonia di ieri «avrebbero dovuto esserci tutti e due».
Ma lo scossone c’è stato, tanto che a Palazzo ieri non si parlava d’altro. Dipiazza ha alzato la cornetta per scomodare il prefetto Giovanni Balsamo. Uno che, per il ruolo che ricopre, non piazza neppure una virgola tra le polemiche. Ma che stavolta ha sentito il dovere di prendere posizione. «Quel nastro - ha dichiarato in serata il commissario di governo - lo considero un gesto inammissibile, perché crea confusione tra la legittima tutela della minoranza linguistica e quello che è invece un discorso completamente differente, l’appartenenza a un’identità nazionale. Mi auguro sia imputabile all’inconsapevolezza di chi l’ha ideato». «Un conto - ha rimarcato il prefetto - è applicare le norme interne di tutela delle minoranze, un altro è utilizzare i simboli della statualità di un ordinamento esterno al nostro. Una differenza che non è stata colta».
«Non c’è stata volontà polemica o di provocazione», aveva precisato a inaugurazione finita Fiorella Bencic, dirigente scolastica del comprensorio didattico di S. Giovanni in cui rientra l’istituto di via Cerreto. «Semplicemente - aveva aggiunto la Bencic, non rintracciabile in serata - il Municipio, come fa di solito, non ci ha fatto avere un nastro bianco, rosso e verde e noi abbiamo usato quello che avevamo e che è anche un segno dell’identità dei bambini».
«Il Comune - la replica di Bandelli - non ha mai fornito nastri. Chi vuole se li compra, sennò evita di metterlo che tanto non succede niente. Abbia stavolta questa signora, di cui peraltro viene riconosciuta una grande professionalità, la dignità di non arrampicarsi sugli specchi». «Credo anzi - ha proseguito l’assessore - di essere riuscito a dimostrare da che parte sta la provocazione. Era una giornata di festa per gli alunni della scuola. E poi non avrei mai potuto spiegare il perchè di un mio abbandono al bambino sorridente che avevo davanti al momento del taglio del nastro. Forse qualcuno sperava che il ”Bandelli fascista” sbottasse. Ma il tranello, fatto peraltro sulle spalle dei bambini, è andato male».
Per la cronaca, la nuova sala mensa sarà a disposizione non solo dai 46 bambini dell’istituto di lingua slovena, ma anche da altri 60 dell’elementare Tarabochia di Roiano, iscritti ai rientri pomeridiani nel ricreatorio barcolano Stuparich. Un’affare da 120 mila euro in 120 giorni, a proposito del quale la stessa Bencic aveva sottolineato la collaborazione e la disponibilità del Comune, che su sua sollecitazione ha sviluppato progetti e risolto problematiche, come il tetto della scuola slovena di Cattinara: «Grazie anche alle circoscrizioni che, in modo trasversale e non ideologico, hanno sostenuto le nostre istanze e quelle dei genitori». Doveva essere insomma il giorno del vogliamoci bene. Un tricolore uscito dai suoi veri confini nazionali l’ha trasformato nel giorno della discordia e dell’imbarazzo.
(ha collaborato Daria Camillucci)