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Resia è una piccola valle alpina situata a nord della catena del Musi incastonata nelle Alpi e Prealpi Giulie con un difficoltoso e, per certi versi, scoraggiante accesso dalla valle del Fella. L'insediamento dei primi abitatori si fa risalire alle grandi migrazioni barbariche del VI secolo D.C.

Monti Musi Alcuni storiografi sostengono che i movimenti dei popoli slavi iniziarono con una lenta infiltrazione prima dell'inizio dell'era cristiana ma restarono per lungo tempo inavvertiti dai Romani, intenti a fronteggiare i popoli germanici. Le prime informazioni sicure sugli Slavi risalgono a Procopio di Cesarea (storico bizantino) e a Giordanes che, circa nel 550, attestano insediamenti in Carinzia, Slovacchia e Boemia. Queste tribù in Friuli, dopo un breve periodo di mutuo soccorso, si scontrarono, come ci racconta Paolo Diacono, con i Longobardi con i quali ingaggiarono numerosi conflitti e che, in seguito alla battaglia di Lavariano, raggiunsero un compromesso siglando il cosiddetto "patto dell'uovo", che relegò definitivamente le popolazioni slave sui monti orientali friulani. Proprio a quel periodo, forse per sfuggire ai massacri e alle ritorsioni dei vincitori, si rafforzò la penetrazione di alcune tribù slave nel territorio resiano e con documentazione, reperita presso l'abbazia di Moggio e risalente all'anno 1084, si certifica la presenza di popolazione nella Resia Superiore e nella Resia Inferiore. Si può, pertanto, affermare che da quella data Resia seguì le vicende storiche politiche del vicino Friuli. Per tutta l'epoca feudale e fino al Regno napoleonico in valle ebbero vita amministrativa quattro comuni. Due, Osajanë e Solbyza, nella Resia Superiore e gli altri due, Bilä e Njyuä, nella Resia inferiore.

Monte Canin Il territorio prevalentemente montuoso, consentiva attività collegate allo sfruttamento delle risorse spontanee. L'unica via che metteva Resia facilmente in contatto con il mondo esterno era tracciato dal corso del fiume Bila uödä (Bianca acqua, ovvero, torrente Resia) affluente di sinistra del fiume Fella e dal tortuoso tratturo che lo affiancava. Attraverso quella via, importante per la fluttuazione dei tronchi, i resiani prendevano contatto con le popolazioni friulane. Le popolazioni della Resia inferiore o occidentale, iniziarono traffici con le popolazioni friulane, mentre quelli della parte superiore orientale si spinsero oltre le montagne, fondando Coritis e Uccea, e oltrepassando l'Isonzo si misero in contatto con gli slavi cragnolini (sloveni-carinziani). Resia, pertanto, funzionò come stato cuscinetto o zona franca fra il mondo slavo- tedesco e il mondo friulano-veneziano. Abbiamo visto che fino al 1805 Resia era suddivisa in quattro comuni. In “Lypäväz”, borgata di Prato, si è sviluppato con il passare del tempo un linguaggio che, recependo influssi provenienti dalle quattro parlate principali, ha creato una sintesi pratica.

Mi si permetta, a questo punto, una divagazione fantastica sulla provenienza russa dei resiani.

A causa dell'unicità della propria parlata, i resiani sono sempre stati tenuti a distanza, guardati con sospetto e trattati con diffidenza dalle popolazioni contermini. Ecco allora il fiorire della leggenda sulla provenienza russa del popolo resiano. Inconsapevolmente, notando l'interesse suscitato e potendo appurare, grazie alla lingua dei primi ricercatori russi, l'appartenenza al ceppo slavo del resiano, i valligiani rafforzarono lo spirito di appartenenza ad una nazione forte, misteriosa ma allo stesso tempo sufficientemente lontana dai confini della propria terra.

BerdoIl popolo resiano, però, sottoposto ad una massiccia emigrazione, accerchiato dalla superiorità delle lingue italiana prima e inglese ora, sta velocemente smarrendo ciò che per quindici secoli ha gelosamente custodito. Una ventina di cultori locali, il gruppo folcloristico, il coro femminile i due circoli culturali stanno cercando disperatamente di rivitalizzare la parlata attraverso composizioni, pubblicazioni e l'insegnamento nella scuola. In questo rinato panorama culturale, il coro virile locale "Monte Canin", sta svolgendo da trentacinque anni la sua responsabile parte.

Tutte le culture prossime alla valle, infatti, sono diverse. Comunque il resiano (circa tremila parlanti) è trilingue: nell'ordine resiano, friulano e italiano. Una decina di persone parla correttamente lo sloveno cinque o sei al massimo lo sanno anche scrivere. A Resiutta, paese dove sbocca la strada principale è abitata dai friulani; un'altra strada da Uccea conduce in Slovenia e lì si parla lo sloveno, a Tanamea, Lusevera e Taipana si parla il "po nasen". Usciti quindi dalla loro bomboniera i resiani si trovano a dover utilizzare una lingua completamente diversa dalla propria lingua madre.

Per il riconoscimento delle lingue minoritarie è stata emanata nel 1999 la legge N. 482 che rinviava alla legislazione regionale autonoma il monitoraggio sul territorio. Sancito, quindi, nazionalmente che nella regione Friuli Venezia Giulia vi erano insediate popolazioni friulane, tedesche, slovene e veneto-giuliane, il legislatore ha promulgato la legge 23 febbraio 2001 N. 38 - Norme a tutela della minoranza slovena della Regione Friuli Venezia Giulia -. Una legge che tutela la minoranza slovena del Carso triestino, del territorio goriziano, del cividalese delle valli del Natisone e del Torre ma che uniforma e omologa, anche Resia, Malborghetto/Valbruna e Tarvisio alla stessa minoranza. L'appartenenza o meno ad una realtà minoritaria viene decretata da un quinto dei consiglieri comunali o dal 15% degli iscritti alle liste elettorali. Il Consiglio Comunale di Resia ha espresso parere favorevole all'appartenenza alla minoranza slovena con i voti a favore dei quattro consiglieri di minoranza più uno di maggioranza. Gli interventi prevedono, anche, l'erogazione di contributi alle associazioni culturali e ricreative fino al 50% delle spese sostenute per la realizzazione di iniziative di carattere culturale e turistico avente come principale obiettivo quello di supportare manifestazioni delle realtà culturali operanti nei comuni della fascia confinaria in cui si è insediata la minoranza slovena. Appare lapalissiano che per molti resiani, questa applicazione legislativa, venga considerata una forzatura pericolosa per la sopravvivenza della propria peculiarità culturale rappresentata dall'omologazione del resiano allo sloveno. Saranno forse queste le motivazioni che spingono i valligiani a conservare attraverso la musica e il canto la propria identità; consapevoli di rappresentare, ormai, un'entità culturale in rapida dissoluzione e che difficilmente potrà sottrarsi alla massificazione generale. L'attaccamento alle proprie matrici storiche, politiche, sociali e culturali ha forse incoraggiato molte persone a produrre scritti in lingua resiana, utilizzando magari una propria grafia o affidando i propri ricordi a chi più di altri ha dimestichezza con la penna. Molti resiani, anche residenti fuori dalla propria patria, pertanto, affidano alle pagine del "bollettino parrocchiale" le proprie emozioni e i propri sentimenti.